29 luglio 2006

Quello che mi rimane dopo Garota e Marinetti

Quello che mi rimane di questi due (bellissimi) incontri è questo:

“Il cristianesimo in due mila anni è stato sepolto sotto una montagna di incrostazioni, strutture, macerie. Il compito dei cristiani, oggi, è quello di disseppellire il Vangelo da sotto questa montagna, per ritrovarne la freschezza, la carica profetica, la forza di cambiare sè stessi e il mondo” (Daniele Garota). “E’ il Vangelo la vera bomba atomica” (Fausto Marinetti). “Noi  cristiani siamo oggi talmente omologati al mondo che sembra anche a noi normale, come al mondo, che bambini senza famiglia sia messi in istituto invece che accolti da altre famiglie, che chi ha infranto la legge debba finire necessariamente in carcere invece che essere aiutato, con pene alternative, a ritrovare sè stesso e rientrare nella società, che a dirimere i conflitti debba per forza essere la guerra e non invece la nonviolenza evangelica e il rifiuto delle armi, che ci debbano essere ricchi e poveri e al massimo per bontà dei ricchi i poveri siano aiutati, che ognuno cerchi di avere più soldi e più cose possibili, invece che avere tutto in comune secondo le proprie necessità”.
Siamo, dunque, a quarant’anni dal Concilio, all’inizio di un nuovo cristianesimo, tutto da pensare e costruire. Ed è straordinario, come dice Vincemzo, che a pensare e cercare di costruire queste nuove vie cristiane siano oggi non le comunità monastiche, i preti, i religiosi, ma le parrocchie, i cristiani comuni.
Non scoraggiamoci, dunque, se vediamo alcune vie possibili e molte restano inesplorate, se mettiamo mano all’aratro e poi siamo titubanti. Per questo l’ascolto della Parola di Dio è una delle poche cose certe e necessarie: cos’latro, infatti, può aiutarci a disseppellire la vita cristiana se non il Vangelo?

Luciano Benini

  1. Ci vorebbe poter tirare giù su carta i due interventi, conoscete qualcuno che abbia un po’ di tempo da dedicarci?

  2. Giovanni Santarelli says:

    L’intervento di Garota è stato indubbiamente quello che mi ha dato maggiori elementi per ripensare la fede.
    Il criterio per il “disseppellimento” della fede è quello del ricordarsi del “ritorno del Signore”.
    In Brasile, a nuova Iguacu, girava un’auto con un altoparlante che cantava “Jesus Cristo voltara”. (Gesù Cristo tornerà)
    Mi ha fatto ridere inizialmente a vedere questo vecchietto barbuto che guidava la macchina passando tutti i santi giorni sotto le case dei brasiliani, ma poi, al di là del folklore della religiosità delle sette, mi è tornato in mente il discorso di Garota, la testimonianza di Quinzio, i discorsi di Dossetti.
    Forse il criterio è quello di “togliere” dal folklore il mistero del ritorno e trasformarlo in “teologia militante”.
    Riandare alla Parola per celebrare il senso di una storia che deve ancora compiersi per intero.
    Capire che il “ritorno” non distoglie dalla storia, ma la interpreta.
    Capire che il ritorno del “glorioso” ci da gli elementi per trovare il giusto “luogo” tra un “presenzialismo” fuori luogo e una fuga pericolosa dal mondo; ci da il giusto equilibrio tra chi privilegia l’agire e chi preferisce la contemplazione; ci aiuta a vedere nel volto dell’altro il senso del tutto; ci da modo di uscire dalla nostra pretesa di “comandare” su Dio.
    Il ritorno.
    Cosa potrà voler dire per la nostra comunità?
    NINO SANTARELLI


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