22 novembre 2006

Omelia 19 novembre

Fratelli e sorelle e soprattutto voi carissimi giovani che in questi mesi porto in modo specialissimo nel mio cuore perché penso che con l’aiuto di tutta la fraternità i percorsi che abbiamo iniziato possono portare dei doni grandi a tutti noi.

Vedete, che oggi la vita sia nel segno della precarietà lo sappiamo bene.
Vediamo ogni tanto i cortei per la precarietà del lavoro, e non è poco, abbiamo tanti nostri giovani anche ormai sui trent’anni con una laurea, con una professione, e non riescono a trovare un lavoro stabile.
Ma la precarietà è molto più grande, è a 360 gradi, hai la sensazione di non avere un punto d’appoggio. E’ un po’ come quando voli sull’aereo e sei sopra le nubi e dici dove sono?
È un po’ l’esperienza che facciamo continuamente. Come non avere un punto fisso a cui appendere la tua vita, il tuo passato, il tuo presente soprattutto il tuo futuro, il tuo e quello dei tuoi figli, sia per ciò che riguarda l’incertezza del domani, il dolore e la morte, sia per quanto riguarda il quando e il come.

Allora è facile amici attaccarci a qualcosa piuttosto che a qualcuno.
Qui la nostra religione è splendida, è divina, se riuscite a coglierne la bellezza.
Perché la precarietà è di tutti gli uomini e tutti siamo tentati di attaccarci a qualcosa.
Certo abbiamo bisogno anche di punti di riferimento immediati come quando vai per la strada hai bisogno del guard-rail, ma quando ti attacchi a qualcosa ti accorgi che la precarietà rimane.
Ecco perché Dio nella sua infinita sapienza  inimmaginabile per noi ha detto “non attaccarti a qualcosa ma a qualcuno”.
L’unica cosa che ci può togliere dalla precarietà, l’unico gancio che può dare senso alla vita è Lui.
Il Vangelo col linguaggio apocalittico ha detto: ” il sole si oscura, la luna non dà più il suo splendore, le stelle cadono, il cielo è sconvolto “.
Per noi la luna e le stelle sono come il sole. Sono i punti fissi di riferimento, per la vita per il cammino per la notte. Ebbene tutto questo passerà e che succede poi ” allora vedranno Gesù il figlio dell’uomo  venire sulle nubi con potenza e gloria grande “.
È questa la grande speranza. Noi siamo verso il suo volto. La vita è in cammino verso il suo volto.

Noi in questa Chiesa l’abbiamo sottolineato anche architettonicamente.
Vedete tutti questi archi ma anche i banchi si inginocchiano lì sul centro dell’altare.
Tutti e tutto è orientato verso di Lui.
Come faccio a dare senso alla vita, chi mi dà la certezza che dalla polvere ci si rialza, che nella precarietà c’è un punto fisso: Gesù.
Per questo vedete siamo tutti costretti a volgere lo sguardo su di Lui e anche se ci ritroviamo insieme non è per guardarci negli occhi ma per guardare insieme verso di Lui.

” Vedranno il figlio dell’uomo venire ” è Lui che manda gli angeli, è Lui che ci riunisce, è Lui che dice oggi a tutti ma soprattutto ai giovani ” i cieli e la terra finiscono le mie parole no, la mia parola non passa “.
È chiaro che è solo in una fede in un ascolto in una accoglienza profonda che è possibile dire: sì Signore tutto passa tu resti, la tua parola la tua persona il tuo volto è l’unico gancio in cui tutto si ricapitola, è l’unica certezza in cui posso fondare la mia vita e dare senso a 360 gradi a tutto quello che faccio.

Tu Signore nella tua infinita sapienza non ci hai detto come e quando, ci hai lasciato nella precarietà più totale dell’ incertezza perché ogni giorno della vita noi potessimo affidarci a te alla tua volontà sapendo di essere dietro a qualcuno non a qualcosa, di non dipendere dagli avvenimenti ma da te che una volta per sempre una volta per tutte ci hai amati con il dono della tua vita. Quel volto è un volto che trasuda amore.

C’è qualcosa di più bello per un giovane che vive ancora l’incertezza dei suoi affetti del suo domani che non ha, come dire, sicurezze ma vive di speranza a volte anche di sogno?
Se tu amico puoi dire con tutta la serietà del tuo cuore che la sua parola non passa che Lui non mi frega che Lui non mi tradisce che non sono verso il nulla ma verso il suo volto, allora le incertezze rimangono ma non sono più devastanti, non ti impediscono di vivere, di lavorare, di servire di amare.

Sapendo che Lui ci cammina avanti possiamo addirittura camminare cantando nella precarietà perché il suo volto è davanti a noi.

E tutto questo non è lontano dice Gesù ” non passerà questa generazione “.
Noi non sappiamo quando verrà la fine del mondo, ma per ognuno di noi la vita è un soffio. Con la nostra morte ma anche potremmo dire con i passaggi decisivi della nostra vita la giovinezza, l’età adulta, la vecchiaia si compie la mia generazione in cui devo dare il meglio affidandomi totalmente al Signore.
Se la vita è un soffio tutto quello che oggi Lui mi dice accadrà e accadrà presto.
” Vedrò il figlio venire sulle nubi del cielo ” così come nella parusia nel secondo ritorno di Gesù tutti lo vedranno.

Fantasia, utopia? Noi crediamo che tutto questo sia l’unica cosa certa l’unica cosa vera a cui poter aggrappare la nostra vita perché Lui è vivo, è risorto.

Noi non vi nascondiamo le nostre fragilità le nostre debolezze ma vorrei ragazzi che voi credeste fino in fondo che per noi Gesù è l’unico gancio.
Ovviamente dobbiamo darvi anche la scuola, l’istruzione della vita, la possibilità di vivere decorosamente in questo mondo, ma nella precarietà totale la speranza è Lui.

Ecco perché quando vi vediamo insieme, quando sentiamo che come oggi  ci spiegate il Vangelo, quando vi vediamo ogni giovedì riuniti, tutto questo ci riempie di speranza.
Non è tanto il numero che ci commuove ma il volto di ciascuno di voi. Ogni giovane di questo mondo ha dentro una speranza inmmensa.
Non conta il numero, conta l’entusiasmo, la gioia con cui ritroviamo la nostra fede.
Per cui dico anche a voi coalizzatevi, invitate gli amici di scuola, ritrovatevi con gli altri giovani, non prendetelo come qualcosa da fare ma come un nuovo cammino da vivere insieme.

Egli viene anzi ” verrò presto ” dice il Signore.
Chi di voi ha messo qualche volta il naso sotto l’altare in quella buchina che richiama il profeta Elia c’è scritto Kyrios Cristos. Lui è il Messia, Lui è il Signore, Lui è l’atteso.
Ma di qua e di là ci sono due lettere scritte in oro: Alfa e Omega. Lui è l’inizio, Lui è la fine. Noi non aspettiamo qualcosa ma qualcuno.
” Ecco viene sulle nubi del cielo e tutti lo vedranno “.
Attacchiamoci a Lui, affidiamoci a Lui, con i nostri limiti, confessandoci, ricominciando, facendoci aiutare, superando anche quella puzza sotto il naso che a volte ci impedisce di costruire qualcosa di grande.
Mettiamoci in un atteggiamento più libero, più fresco.
Voi più di me potrete girare il mondo e portare a tutti la speranza del Signore. Amen

  1. Alessio Fattorini says:

    Un grazie al don come sempre, e a chi l’ha trascritta!

  2. Paolo Lombardi says:

    Grazie a chi mi ha dato la possibilità di leggere questa omelia che domenica non ho potuto ascoltare. Vorrei aggiungere un breve testo di uno studioso senegalese che ho letto in questi giorni e che mi ha toccato.

    Perchè tributare un culto così assiduo a Signora Sicurezza, quando tutto ti rammenta la tua sorte di fuggevole passeggero su questa barca terrestre, sballottata da tutti i venti?
    Tutto, all’intorno, ti fa lo stesso discorso:”Non sistemarti, non è qui la tua dimora”
    Irenee Guilane Dioh


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