Il paradosso del crocifisso

 

Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei,
stoltezza per i pagani (1 Cor 1,23)


 

In questa vicenda del crocifisso ci sono molti paradossi.

È paradossale che un musulmano come Adel Smith, pensando di difendere l'Islam, chiami "cadaverino" il crocifisso, insultando prima di tutto proprio l'Islam, che venera Gesù come grande profeta.

È paradossale che sia un integralista islamico ad elevarsi a difensore della laicità dello Stato.

È paradossale la reazione - in alcuni casi altrettanto integralista - di quanti vogliono l'esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici in nome della difesa della civiltà cristiana: quella civiltà dalle cui radici l'Europa ha tratto linfa per elaborare il concetto di persona e per affermare il principio di tolleranza.

È paradossale che abbiano difeso il crocifisso sia le autorità civili che quelle religiose, associate nel definirlo un simbolo di italianità, da esporre per questo motivo nelle aule scolastiche. Ridurlo a simbolo nazionale: è questa la vera offesa al Crocifisso (con la maiuscola: una persona, non un oggetto appeso a un chiodo), offesa ben più grave che rimuoverne l'immagine da un muro.

Quella persona e la sua immagine, semmai, sono simbolo universale della sofferenza dei giusti, simbolo riconosciuto anche da miriadi di non cristiani sensibili alle realtà profonde. In quanto tale, la croce con l'Uomo inchiodato a morirvi è uno dei simboli più noti di tutte le infinite vittime innocenti, di tutti i giusti colpiti e uccisi.

In ambito civile, credo che lo Stato possa imporre la presenza nei locali pubblici dei simboli dell'identità nazionale italiana, la presenza della bandiera tricolore o del ritratto del Presidente della Repubblica che "rappresenta - come la Costituzione stabilisce - l'unità nazionale"; ma non può imporre la presenza di un simbolo religioso, senza contraddire la sua laicità. Può accettarne la presenza quando essa esprima un sentimento condiviso o quanto meno rispettato anche dal non credente. Vige però in questo caso la regola dell'unanimità: se qualcuno si oppone, lo si toglie.

In ambito religioso, per chi crede che il Gesù appeso al crocifisso sia il figlio di Dio non può essere accettato che esso sia usato come bandiera nazionale di un singolo paese, o semplicemente utilizzato come simbolo culturale, storico o di identità. I cristiani per primi dovrebbero volere che sia abolito l'obbligo di esporre il crocifisso nelle aule: non perché offende, ma perché se imposto rischia di scadere da simbolo di fratellanza e di amore a segno di divisioni e di discordie. La trasmissione del Vangelo non avviene per imposizione e il rispetto dell'altro appartiene, prima che alla Costituzione, al Vangelo stesso. I cristiani sanno che il pluralismo religioso dell'Europa di oggi e di domani non è una provvisoria sfortuna da cui pregare di essere liberati, ma la condizione concreta entro cui dar ragione della propria speranza. Sanno, insomma, che alla spada sguainata da Pietro, Gesù preferì il cammino verso la Croce. Voler di nuovo rendere obbligatorio ciò che è il segno radicale della gratuità, delle braccia spalancate verso tutti, sarebbe profondamente anti-evangelico. La Croce non va dunque imposta sul muro delle classi e degli edifici pubblici, e si può anche togliere senza tragedie laddove c'è. In ogni caso, rimane simbolo eterno di libertà fraterna, così eloquente da accogliere il bisogno di misericordia di chiunque.

Ma neppure dovrebbe essere proibito appendere il crocifisso. Come non dovrebbe essere proibito alcun altro simbolo religioso, insieme ai molti simboli di ogni genere, etnici, artistici, sportivi, politici, che i ragazzi appendono nelle aule, con buon diritto.

«Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge», art. 8 della Costituzione, quindi anche a scuola.

I crocifissi che la scuola dovrebbe tenere sempre ben evidenti davanti agli occhi dei ragazzi sono i crocifissi in carne ed ossa della storia, le vittime delle guerre, delle malattie, delle sventure. Se una scuola li esclude dalla visione del mondo proposta ai ragazzi, si pone dalla parte dei crocifissori, fosse anche la scuola più "cattolica" e più decorata di segni religiosi. Visitare un ospedale e osservare i malati, leggere sulle riviste di solidarietà coi popoli derubati i numeri della violenza economica, informarsi sulle guerre da chi non spaccia le falsità necessarie alle guerre: questo è venerare il Crocifisso nella carne di tutti i crocifissi di oggi. Quelli di legno si possono anche buttarli: non è peccato. Ma mettere al loro posto il volto di una vittima, ricevere lo sguardo che obbliga a stare coi carcerati e non coi carcerieri, coi torturati e non con gli aguzzini, con gli uccisi e non con gli assassini. O il vecchio crocifisso aiuta a fare questa scelta nel mondo di oggi, oppure, se non fa questo, non vale più, è diventato inutile, abusato in senso contrario, e serve solo a far litigare le religioni e a far chiacchierare i fracassoni superficiali, occupatissimi a distrarre il popolo dalle cose importanti, pericolose da far sapere.

È paradossale che i più fanatici sostenitori del crocifisso di legno nelle aule scolastiche e negli uffici pubblici, il Crocifisso morto, siano proprio coloro che con le loro leggi schiaffeggiano i crocifissi viventi, come con la legge Bossi-Fini, come con l'attuale finanziaria che taglia drammaticamente i fondi per il sociale. Che coloro che vogliono il crocifisso nelle scuole siano quelli che poi marginalizzano quegli altri crocifissi viventi, i disabili, togliendo finanziamenti e strutture necessari per il loro inserimento nella scuola pubblica. Queste leggi sono gli atti che negano la cultura, l'identità, i valori del popolo italiano! Queste leggi sono la presa in giro totale della tradizione biblica, del Vangelo, della fede cristiana.

Don Lorenzo Milani arrivò a togliere il crocifisso, a metterlo sull'armadio di un'altra stanza. (...) Tolse il crocifisso perché non doveva esserci neppure un simbolo che facesse pensare che quella era una scuola confessionale. Lì c'erano solo uomini che studiavano e discutevano per la propria elevazione civile e morale".

Il crocifisso rischiava di essere discriminatorio.

"Chi mi ha conosciuto - scrive Don Lorenzo Milani - (...) se mi vede eliminare un crocifisso non mi darà mai di eretico ma si porrà piuttosto la domanda affettuosa del come questo atto debba essere cattolicissimamente interpretato cattolico, dato che da un cattolico è posto" (Lettere di Don Lorenzo Milani).

Luciano Benini

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